Estetica e utopia nel pensiero di Georg Lukács

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Estetica e utopia nel pensiero di Georg Lukács
Renata Altenfelder Garcia Gallo
Universidade Estadual de Campinas
Riassunto
Il filosofo ungherese Georg Lukács (1885 – 1971) ha scritto in due momenti diversi, e basato su diversi
schemi metodologichi, due progetti estetici: il primo, noto come “Estetica di Heidelberg” (1912-1916),
era basato sulla filosofia neo-kantiana e la tedesca Lebensphilosophie, la filosofia della vita; il secondo
progetto, conosciuto come “Estetica” (1963), riprendeva e sviluppava i suggerimenti marxisti sull’arte e
letteratura. Fra tali problemi estetici, il complesso dell’utopia e la dimenzione del piano di utopia nell’arte
partecipano come importanti elementi. In questo modo, si intende presentare la seguente discussione: la
categoria dell’utopia sarebbe l’elemento che sostiene la relazione di prossimità oppure di distanza fra
l’arte e la vita quotidiana nella teoria estetica lukacsiana?
Parole chiave:
Estetica, Georg Lukács, utopia.
Renata Altenfelder Garcia Gallo è dottoranda presso il dipartimento di Teoria e Storia Letteraria
dell’UNICAMP. Sotto la guida del Prof. Dr. Carlos Eduardo Ornelas Berriel e con il sostegno della
CAPES, sviluppa una ricerca sulla categoria dell’utopia negli scritti estetici di Georg Lukács.
Recentemente, ha fatto un visiting scholar presso l’Università degli Studi di Firenze (2/2015-6/2015)
sotto la supervisione della Prof.ssa Dott.ssa. Silvia Rodeschini.
MORUS – Utopia e Renascimento, 10, 2015
Estética e utopia no pensamento de Georg Lukács
Renata Altenfelder Garcia Gallo
Universidade Estadual de Campinas
Resumo
O filósofo húngaro Georg Lukács (1885 – 1971) escreveu, em dois momentos distintos e influenciado por
correntes filosóficas diversas, dois projetos estéticos: o primeiro, conhecido como “Estética de
Heidelberg” (1912-1916), sofreu influências da filosofia neo-kantiana e da Lebensphilosophie, filosofia
da vida; o segundo projeto, conhecido como “Estética” (1963), procurou desenvolver uma teoria estética
baseada nas questões sobre arte e literatura sob uma ótica da teoria marxista. Em ambos os projetos
citados, a categoria da utopia e a dimensão de tal plano na esfera estética surgem como elementos
importantes. Sendo assim, procura-se apresentar a seguinte discussão: a categoria da utopia seria o
elemento que sustenta e media a relação de proximidade ou de distância entre os campos da arte e da vida
cotidiana na teoria estética lukacsiana?
Palavras-chave:
Estética, Georg Lukács, utopia.
Renata Altenfelder Garcia Gallo desenvolve pesquisa de Doutorado na pós-graduação do IELUNICAMP, na área de Teoria e História Literária, com financiamento da CAPES. Sob orientação do
Prof. Dr. Carlos Eduardo Ornelas Berriel, realiza um estudo da categoria da utopia nos escritos estéticos
de Georg Lukács. Recentemente, concluiu um estágio de pesquisa na Università degli Studi di Firenze
(2/2015-6/2015), com apoio da CAPES, sob a supervisão da Profa. Dra. Silvia Rodeschi
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Estetica e utopia nel Pensiero di Georg Lukács
o scopo di questa comunicazione è quello di presentare una ipotesi che se
presenta con base nello studio dei due progetti estetici di Georg Lukács (18851971): la categoria dell’utopia sarebbe l’elemento che sostiene la relazione di
prossimità oppure di distanza fra l’arte e la vita quotidiana nella teoria estetica
lukacsiana?
Durante il suo percorso intellettuale, Georg Lukács si dedicò fortemente allo studio
dell’estetica, delimitando il suo campo specifico. Lui ha cercato di distinguere la sfera estetica
dell’ambito della logica, etica e politica. L’autore ha scritto in due momenti diversi, e basato su
diversi schemi metodologichi, due notevoli progetti estetici: il primo, noto come “Estetica di
Heidelberg” (1912-1916), era basato sulla filosofia neo-kantiana e la tedesca Lebensphilosophie, la
filosofia della vita; la seconda estetica, verso la fine del 1963, riprendeva e sviluppava i
suggerimenti marxisti sull’arte e letteratura.
Nonostante 45 anni separano questi progetti, le domande di Lukács sulla sfera estetica erano
in loro molto simili, in modo che il percorso critico dell’autore aveva un movimento peculiare, “un
paradigma di continuità”, perchè lui ripresava sistematicamenti i loro concetti giovanili e provava
costantemente la (ri)definizione dell’oggetto stesso.
La preoccupazione di chiarire lo status particolare delle categorie del campo dell’arte nelle
creazioni umane è stata mantenuta in entrambi proggetti estetici. Allo stesso modo, la riflessione sul
movimento incessante di approccio e di separazione tra arte e vita quotidiana, che genera un senso
di paideia, è diventata un segno distintivo della sua ontologia. Come elemento costante delle loro
presupposti, Lukács ripresa la categoria dell’utopia e la sua funzione di ordenare la dimensione
artistica.
I progetti estetici giovanili di Lukács- “Filosofia dell’Arte” (1912-1914) e “Estetica di
Heidelberg”- portano una formulazione estetica, già pensata nel 1910, durante il suo tragico
soggiorno nella città di Firenze. Si può vedere in questi progetti due principali preoccupazioni: 1) la
difesa del’autonomia della sfera estetica, in modo che l’opera d’arte possa trovare la legge della sua
produzione in se stessa e 2) la risposta alla domanda: Che cosa è e come è definita un opera d’arte ?
L’enfasi sul “Estetica di Heidelberg”, secondo Tertulian (2008, p.128), cade sulla “esistenza
dell’oggetto estetico, sulla fenomenologia della creazione artistica, e non su quella derivata e
secondaria, della ricezione dell’opera e delle condizione del gusto”. In questo senso, il punto
centrale dell’estetica del giovane Lukács non si ferma soltanto nella sfera soggettiva di giudizi di
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gusto - come ha fatto Kant - ma si rivolge al processo di creazione delle opere d’arte e al rapporto
soggetto-oggetto .
Il giovane Lukács attribuisce all’opera d’arte un carattere di monada, perchè l’opera è
costruita sempre di modo chi è un complesso chiuso in se stesso. Ogni opera d’arte è “pura
vivencia” e creazione di un “mondo proprio” adeguato alla soggettività, presentandosi al recettore
come un mondo di esperienze elevate alla sfera della normatività. Queste esperienze sono
universalizzate a misura che, mediante la forma, manifestano un contenuto concreto e determinato.
In questa idea di arte del giovane Lukács, la “vivencia” - intesa come normativa e non in
senso psicologico, come in Dilthey - è l’elemento che costituisce il materiale particolare
dell’attività estetica. Questa idea di essere vivente è il mondo del significato, del valore, che prende
empiricamente la forma. Perciò, l’opera d’arte presentasi a Lukács come il risultato di una
elevazione della soggettività sopra la disarmonia, la accidentalità e la immediatezza della
“esperienza vissuta”, in altre parole, partendo delle opere d’arte, è consentita a noi la vivencia di
una esperienza purificata che ci dà il senso dell vissuto come vissuto, che riverbera nel processo di
elevazione della soggettività. In questo processo, la vita pratica, intitolata da Lukács di “realtà della
experienza vissuta” è considerata un piano di dispersione, di caos, di discontinuità, di acidentalità e
di eterogeneità dello vissuto. Sarebbe all’arte il ruolo di neutralizzare il caos e la disarmonia del
piano di vita empirica, fornendo la realizzazione armonica del “vissuto come vissuto”.
Questa realizzazione consiste nella possibilità di vivere un oggetto che ha le sue forme
costitutive identiche alle forme di organizzazione interna dei vissuto e dei postulati della sua
realizzazione come vissuto. Sarebbe l’arte, dunque, l’unica forma di espressione dell’“anima” nella
sua pienezza. Tuttavia, quale sarebbe il motivo della nascita dello fenomeno estetico? Per il giovane
Lukács, tale nascita è dovuta alla aspirazione umana ad una realtà che si presenta in modo adeguato
alle esigenze di soggettività, che conferma l’affermazione dell’autore, influenzato da Hegel, di che
l’essenza particolare della sfera estetica si è basata sul rapporto del soggetto-oggetto identico. Nella
sfera estetica, soggettività e oggettività sono indistinguibili, perché la sostanza è, anche, il soggetto.
Basato su questa concezione di estetica, che permette una relazione soggetto-oggetto
identica - cioè, un rapporto caratterizzato da una certa pretesa del soggetto di una realtà come le
esigenze di soggettività -si può dire, quindi, che l’opera d’arte ha un carattere utopico, il quale può
essere applicato all’oggetto estetico nella misura in cui, al momento della sua fruizione, il soggetto
può raggiungere un piano che è al di là della vita ordinaria, un piano dove la possibilità di
realizzazione della vita e degli valori autentici sarebbe possibile.
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A causa del crescente avanzamento del capitalismo, che annulla qualsiasi possibilità di
realizzazione del pieno potenziale espirituale degli uomini nel mondo, viene la necessità etica
dell’utopia, cioè, sorge la necessità della realizzazione piena dell’individuo in una dimensione della
realtà. Come il soggetto non può ritirarsi dal mondo empirico, si transporta, partendo
dall’esperienza di vivencia dell’opera d’arte, e, da un movimento di auto-isolamento, a un’altra
dimensione della realtà, chiamata utopia - il “non-luogo” (Münster, 1997, p.69).
Nonostante una possibile realizzazione del soggetto in un piano utopico, rimane nella
estetica giovanili di Lukács il sentimento di solitudine e di disillusione che il soggetto moderno
porta con sé, proprio come persiste la teoria del solipsismo come condizione fondamentale
dell’esistenza. Il movimento di isolamento della soggettività nella propria indipendenza al momento
del godimento estetico è un marchio della teoria estetica del giovane Lukács. Però, dal 1916 la
teoria del solipsismo è abbandonata dall’autore e, nel 1950, Lukács riprende il suo progetto estetico
giovanile, ma fornito di uno schema teorico diverso.
Purtroppo, Lukács ha potuto concludere solo la prima delle tre parti che, inizialmente,
dovrebbe compore l’opera. Nel 1963, questa viene pubblicata e come punto centrale cercava la
delimitazione della particolarità dello fenomeno estetico in relazione ad altri campi della vita.
Perciò, Lukács ha fatto uso di un principio cosiddetto “storico-dialettico”, basata su la concezione
materialistica della storia concepita da Marx. A questo punto, c’è un movimento che indica una
significativa svolta del pensiero di Lukács, la transizione da idealismo oggettivo al materialismo
storico, che risiede proprio in postulare che non ci sono sistemi che generano la storia, ma,
piuttosto, il movimento opposto. Così se apre una maniera consistente per Lukács, utilizzando il
supposto ontologico e sostenuto da basi materialistiche, redigire un progetto estetico che cercava di
chiarire il particolare stato categoriale del campo dell’arte nelle creazioni umane.
Al fine di realizzare questa proposta, Lukàcs inizia un lungo debatito sulla distinzione tra
riflessione estetica e scientifica, in modo che viene a conclusioni importanti su questo: 1) l’arte
riceve la sua forma nel particolare; 2) apparenza ed essenza, nel riflesso artistico, si fondono in
armonia in una certa rappresentazione sensibile; 3) nel riflesso estetico c’è la costituzione di un
mondo proprio, in modo tale che le opere non siano invalidate o minacciati quando appaiono gli
altri, perché queste opere sono mondi propri che non si basano su altri per esistere; 4) l’individualità
dell’opera d’arte è sempre determinata dalla soggettività delle suo creatore.
Le reproduzioni artistiche della realtà, afferma Lukács, trasformano l’essere-in-se
dell’oggettività in un essere-per-noi del mondo rappresentato nella individualità di ogni totalità
intensiva che è un’opera d’arte. Questa struttura dell’arte ha il potere di ampliare, intensificare e
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approfondire la conscienza dell’uomo sulla natura, sulla sua condizione umana, sulla storia e
società. Quindi, l’autoconscienza dello soggetto che effettua uma esperienza estetica non viene
dissociata del mondo esterno.
Dovremmo segnare che la teoria del solipsismo, osservata negli scritti giovanili di Lukács,
che ha portato l’autore a definire l’arte come una realtà utopica, viene quindi superata. Nella
“Estetica” della maturità, come abbiamo detto prima, Lukàcs sostiene che il singolare diventa
razionale superando il suo isolamento in modo da stabilire le loro mediazioni. Nel campo dell’arte,
questo concetto vale per l’affermazione che l’esperienza estetica della vivenza dell’opera d’arte per
un particolare individuo lo mette davanti la sua caratteristica imannente di appartenenza al genere
umano. Detto questo, Lukács fa notare che l’esperienza estetica rappresenta il riconoscimento di se
stessi negli altri, che è come dire che la vivenza delle opere d’arte è un processo di allargamento e
di acquisizione di autocoscienza del genere umano. Pertanto, come risultato dell’esperienza estetica,
il vecchio Lukács si rende conto che la vivenza non isola gli individui, ma li unisce, portandoli ad
un livello di universalità che intensifica anche la particolarità dello fruitore dell’opera.
C’è, poi, nella “Estetica” della maturità di Lukács, una nuova concezione del rapporto
soggetto-oggetto nell’esperienza estetica, che conferisce all’arte il ruolo di svegliare i soggetti su
senso più pieno della loro umanità. Questo ruolo è ottenuto attraverso la rappresentazione di
individui esteticamente universalizzati, che hanno destinazioni che formano e raccogliono le
opinioni del punto de vista del genere umano, i compiti, le esigenze e i problemi mettono l’uomo in
ogni particolare momento del suo percorso costitutivo. È in questo senso che viene l’utopia
dell’arte, perchè, secondo Lukács (1981a p.574), in nessuna delle società esistenti finora questo
punto di vista del genere umano non è mai stato raggiunto oggettivamente e non potrebbe mai
determinare direttamente l’azione e il pensiero degli uomini.
Attraverso questa affermazione si capisce che non è consentita qualsiasi possibilità di questo
punto de vista del genere umano di guidare e determinare le azioni e i pensieri umani, perché la
coscienza degli individui non può, per sé stessa, determinare i percorsi della storia.
Su questo tema, Lukács afferma che il problema della configurazione estetica si manifesta
nella forma di un paradosso: nonostante la mimesis artistica sia nella sua essenza “non utopica”,
questa produce un’immagine della realtà che ha un carattere utopico. Possiamo dire che, nella opera
d’arte, il carattere utopico consiste nella proiezione delle tensioni, contraddizioni e delle
caratteristiche tipiche latenti di un particolare momento storico del destino di un personaggio, come
nel caso di personaggi famosi della letteratura, come Don Quixote, di Cervantes, o Lucien
Rubempré, di Balzac.
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La categoria della utopia nella “Estetica” di maturità si presenta in modo molto diverso da
quello che possiamo vedere nelle opere di questo autore quando giovani. Questa modifica è dovuto
al cambiamento della comprensione della relazione tra soggetto oggetto. Quel “non-luogo”, cioè, il
piano utopico che l’arte ha fornito per il ricevitore delle opere d’arte, che isolava il soggetto e gli
rivelava l’abisso e l’enorme distanza tra il piano dell’arte e della vita empirica, è superato nelle
“Estetica” di maturità per una categoria che stretta l’arte e la vita quotidiana. Questo approccio
viene dato perchè il ricevitore dell’opera d’arte, dall’esperienza estetica, inizia a svolgere e a
portare alla vita quotidiana le conoscenze acquisite in tale piano estetico utopico – “non-luogo” che la vivencia delle opere d’arte gli ha fornito. Viene superato, in questo momento, il dualismo tra
il piano dell’arte e del piano della vita quotidiana degli scritti di giovane Lukács, comunque l’opera
continua a mantenere la dimensione utopica.
L’ingrandimento della autocoscienza del genere umano nel soggetto che sperimenta
l’esperienza estetica– che può essere dato solo in un piano utopico– è portato dal soggetto per la sua
vita empirica. Questo ci mostra che il vecchio Lukács percepisce e afferma l’esistenza di un nesso
tra la vita quotidiana e le altre sfere della vita. Questo succede come un movimento di transizione, o
come un dialogo tessuto dal soggetto tra il piano utopico e la sua realizzazione nella vita empirica.
Nelle prime opere di Lukács, c’era una fuga dal soggetto fruitore a un certo piano utopico che
rivelava l’immensa distanza tra il piano dell’arte e il piano della vita. Nella “Estetica” di maturità, si
troverà una transizione tra un piano e l’altro, in modo che il piano utopico, inerente all’oggetto
artistico, passa al dialogo con la vita empirica, mostrando al soggetto che l’arte e la vita sono piani
prossimi.
Viene inserito, tuttavia, all’interno delle due progetti estetici di Lukács, una discussione che
mette in evidenza la categoria dell’utopia. Quindi, questo dibattito diventa un punto centrale nella
riflessione su il rapporto soggetto-oggetto nella sfera estetica.
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